La linea sottile che accomuna Edward Hopper e Vivian Maier.
- Katia
- Apr 25, 2021
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Updated: May 1, 2021
La fotografia e la pittura sono arti visive centrali nella società odierna, non solo perché ripercorrono la collettività di un tempo e ci mostrano gli usi e i costumi propri di quell'epoca, ma anche e soprattutto perché ci svelano una condizione specifica dell'individuo e in questo caso dell'artista. A tal proposito voglio parlarvi di come la pittura e la fotografia, due arti diverse, possano in realtà congiungersi attraverso la linea sottile di una stessa condizione vissuta da due artisti, in due periodi diversi, un pittore Edward Hopper (1882-1967) ed una fotografa Vivian Maier (1926-2009). Ciò che accomuna entrambi e che ci permette di fare un parallelismo è la solitudine. Hopper è infatti soprannominato il pittore della solitudine poiché nelle sue opere prediligeva l'uso di colori che richiamano la malinconia e ambientazioni vuote o costituite da soggetti apatici.

In “sera blu”, per esempio, emerge un pigmento centrale che è, come si evince dal titolo dell'opera il blu, colore per eccellenza malinconico. Troviamo all'interno del quadro diverse figure, contrassegnate da abiti da colori scuri, che mettono in risalto il soggetto centrale dell'opera che rapisce completamente lo sguardo dell'osservatore: il pagliaccio vestito di bianco, assorto nei suoi pensieri e nella sua tristezza in mezzo ad una società che quasi non si accorge della sua presenza.
Questa figura è centrale anche in uno scatto meraviglioso di Vivian Maier, qui il soggetto con la stessa espressione spenta e malinconica del personaggio raffigurato da Hopper, guarda anch'egli verso il basso, circondato da altre persone, ma solo in mezzo alla folla. Emerge in maniera incalzante la sua solitudine.

Queste due opere scardinano in un certo senso quella che è la figura del pagliaccio, personaggio comico per eccellenza che qui è avvolto in un velo di tristezza. Questo porta nell'osservatore una sorta di sbandamento e contemporaneamente di empatia verso questa figura pronta a far sorridere l'altro, ma che dentro conserva l'avvilimento che si scardina e si ribella alle espressioni del viso che tentano di mascherare questa determinata condizione e che qui vengono meno.
In Edward Hopper e Vivian Maier emerge con forza e vivacità il tema della solitudine, come abbiamo visto in precedenza, che fa da filo conduttore a tutte le loro opere. Nel dipinto di Hopper, “ufficio in una piccola città”, vediamo la ricerca da parte dell'artista, non solo di cogliere la solitudine dell'individuo, ma anche e soprattutto di imprimere sulla tela la luce che conferisce all'opera un valore molto intimo e spirituale, è come se l'artista spiasse, attraverso quella finestra, il soggetto per aprire un varco non sulla solitudine dell'individuo, ma sulla sua solitudine per poi scomparire lasciando comunque una traccia, ossia l'opera stessa. Questo quadro è fatto di attese, ci racconta tutto senza raccontarci niente, vediamo infatti il soggetto seduto con lo sguardo volto verso l'esterno che porta con fierezza la sua solitudine in attesa che succeda qualcosa oppure prima o dopo che qualcosa sia successo, concetto che si contrappone alla fotografia e al flusso che la spinge ad essere l'arte del “carpe diem”, di cogliere quel preciso istante attraverso uno scatto. Questo accade visibilmente nell'autoritratto di Vivian Maier, siamo di fronte a due donne che chiacchierano, ma scorgiamo la fotografa nel riflesso, nella sua più totale solitudine. Quest'opera è accomunata a quella di Hopper dall'intento di esprime una stessa condizione nell'osservare quasi affannosamente l'interno cittadino e scorgere la solitudine, ma se Hopper la sottolinea attraverso una vista esteriore, la Maier lo fa con uno sguardo introspettivo, verso se stessa, è lei ad essere sola e non il soggetto che rappresenta. Questo ci apre un altro aspetto interessante della fotografia di Vivian Maier cioè l'idea di un campo e di un controcampo, la foto ci mostra ciò che sta davanti ma anche ciò che sta dietro l'obbiettivo: una persona sola che non porta con fierezza questa solitudine come si evince nell'opera di Hopper ma al contrario agogna un'amica con cui confidarsi.
La solitudine percorre tratto per tratto le composizioni di questi due artisti, diventando parte integrante delle loro opere, esempio di come pittura e fotografia si congiungono attraverso una linea sottile, fortemente percettibile, il vissuto del singolo artista.


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