La sacralità della luce: Caravaggio, Rembrandt, Vermeer
- Katia
- Apr 9
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Luci e ombre, sono sempre stati centrali nella vita quotidiana, quante volte ci siamo soffermati ad osservare uno spicchio di luce entrare da una finestra semiaperta, vedere che proietta le sue ombre più o meno profonde in base alla sua intensità? Questo gioco eterno tra chiaro e scuro ha affascinato generazioni di artisti, alcuni dei quali hanno dedicato l’intera vita a fare della luce la vera protagonista delle loro opere. Attraverso di essa, sono riusciti a svelare la complessità dell’animo umano, offrendoci una guida per decifrare il linguaggio sottile dell'interiorità. Questa si trasforma in mezzo per arrivare alla verità. La luce e le ombre diventano un elemento narrativo di grande impatto, basti pensare all’opera La vocazione di San Matteo di Caravaggio, dove un fascio di luce attraversa il buio non solo per illuminare ma per redimere.

All’interno di una stanza buia, cinque personaggi sono seduti intorno a un tavolo, sulla destra troviamo Gesù e l’apostolo Pietro raffigurato di spalle, un raggio di luce entra da una finestra e taglia la scena illuminando Matteo. Essa non è solo realistica ma rappresenta la grazia, la redenzione. La luce colpisce in maniera quasi violenta i volti, le mani, esaltandone i gesti e fornendo allo spettatore un taglio netto tra luce ed ombre, tra bene e male. Dando vita al sacro.
Molto diversa è invece la luce di Rembrandt, più intima, delicata, quasi sussurrata. Non colpisce i personaggi ma li accarezza gentilmente attraverso l’uso della luce calda, illumina i volti e ci racconta il tempo che scorre, la malinconia, la profondità dello sguardo. Questo approccio si fa più vivido nei suoi innumerevoli autoritratti.

In questo autoritratto con il berretto, il volto è accarezzato da una luce dorata e tiepida, una luce che non colpisce ma consola ne percepiamo il calore mentre si posa dolcemente sulla pelle, il resto del corpo è mantenuto nell’ombra, fa parte del racconto e se vogliamo rappresenta ciò che non deve essere detto.
Vermeer invece affida alla luce un significato diverso, è una presenza quasi contemplativa, una solennità silenziosa.

Nell’opera, la Lattaia, troviamo una donna al centro del dipinto che versa del latte all’interno di una ciotola. La luce qui proviene dalla stanza, dalla figura stessa e persino dagli oggetti che sono sul tavolo raccontando un mondo emotivo straordinario, il quotidiano, attraverso l’uso della luce acquista una forma quasi spirituale.
La luce, ci parla e ci racconta l’invisibile, ci ricorda il potere profondo dell’arte: non solo rappresentativo ma soprattutto quello di farci guardare dentro. E lo fa quasi senza clamore, toccando le corde dell’anima e del cuore. Perché la vera luce non ci mostra solo ciò che vediamo: ci rivela ciò che siamo.
"La pittura è luce, e ogni pittore dipinge la luce che porta dentro di sé."— Henri Matisse
KF
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