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La relatività del tempo nell'infinito fluire della realtà

  • Katia
  • Mar 27
  • 2 min read

Tempo, tempo cronologico, tempo che passa, tempo che affiora, tempo maldestro. Quante volte ci siamo soffermati a pensare al tempo, a questa enorme macchina, fatta di ingranaggi, che non vediamo, ma sentiamo, o meglio percepiamo. Lo notiamo nell’aria, sotto i raggi del sole o sospesi nel candore della luna, nell’evoluzione, lo cogliamo nei nostri capelli che diventano d’argento o nelle mani dei nostri cari non più fatti di tratti precisi come in passato, ma rugose e sapienti. Esso è qualcosa che riguarda la nostra esistenza da sempre ed in quanto tale è stato soggetto a diversi studi in tutti i campi, dalla scienza, alla filosofia, all’arte. Il tempo, per definizione, è un concetto che ordina il susseguirsi degli eventi, permettendo di distinguere le diverse fasi delle esperienze umane e dei fenomeni naturali. Tuttavia, questo è relativo e cambia in base alle esperienze di ogni individuo. Quante volte abbiamo atteso un treno sentendo che i minuti scorrevano lentissimi? Eppure, quello stesso intervallo di tempo, se trascorso facendo qualcosa che amiamo, sembra volare in un istante. Il ticchettio dell'orologio resta invariato, ma la nostra percezione lo trasforma, è la nostra idea rispetto ad esso a scandirlo più o meno velocemente. Questo concetto viene ripreso in maniera brillante da Henri Bergson, filosofo francese, che fa della concezione del tempo una questione centrale nella sua filosofia, sfidando anche il pensiero scientifico. Secondo Bergson infatti questo non è una successione di istanti ma una realtà armoniosa che si collega maggiormente con l’esperienza interiore del soggetto e con la vita stessa che egli definisce “flusso costante e creativo” e in maniera minore invece nella sua concezione come intervallo quantificabile . La vera natura del tempo vissuto non può essere completamente compresa nella sequenza lineare che lo suddivide in ore, minuti e secondi. Salvador Dali, per esempio, in una delle sue opere più importanti, “La persistenza della memoria” ci mostra proprio questo principio.



La persistenza della memoria, Salvador Dalì
La persistenza della memoria, Salvador Dalì

All’interno di un paesaggio fantastico fatto di scogli appuntiti quasi desertico se non fosse per il riflesso dell’acqua che si dischiude sul fondo, protagonisti sono degli orologi dalla consistenza alterata, chiamati infatti orologi molli; ne troviamo diversi: uno pende dal ramo d’ulivo spoglio, un altro poggiato sul tavolo, un terzo si depone su una forma mostruosa dotata da un occhio chiuso e lunghe ciglia. Qui emerge fortemente la relatività della percezione temporale e lo capiamo dalla rappresentazione degli orologi da sempre simboli di stabilità e costanza rappresentati flosci, senza forma, inoltre essi segnano ore differenti a riprova che ognuno di noi ha una propria concezione dell’unità temporale rispetto a medesime situazioni. L’unico orologio rigido, che rappresenta la durata come calcolo matematico, “tempo oggettivo”, è coperto da formiche, a simboleggiare il processo che corrode e si consuma. Quest’opera anche senza spiegarci nulla a parole è in realtà una profonda riflessione sul tempo, è calcolabile, razionale ma l’effetto che esso ha su di noi è variabile e soggettivo.


"Il tempo è elastico: si allunga e si restringe secondo le emozioni che proviamo. Ci sono giorni che sembrano non finire mai e anni che svaniscono in un soffio. Non è il tempo a scorrere diversamente, siamo noi a viverlo in modo diverso."—Marcel Proust


KF

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