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La metafora celata dietro "Cecità" di José Saramago (no spoiler)

  • Katia
  • May 2, 2021
  • 3 min read


Cecità è un libro scritto da Josè Saramago, scrittore, drammaturgo, poeta, giornalista e premio nobel per la letteratura, pubblicato nel 1995 con il titolo “Ensaio sobre a cegueria” a Lisbona che tradotto letteralmente è “saggio sulla cecità” e stampato poi da Feltrinelli nel 2010 con una prima edizione e nel 2020 con una quindicesima.


All'interno di una città imprecisata scoppia una brutale epidemia. Ad uno ad uno tutta la popolazione diventa cieca senza nessun motivo apparente ogni singolo cittadino perde la vista mentre svolge le abituali attività giornaliere. Questa cecità viene individuata con un nome specifico ovvero “mal bianco” proprio perché si differenzia dalla comune cecità per il fatto che chi ne viene colpito non vede tutto nero come di solito, ma al contrario viene colto da un biancore lattiginoso che lo avvolge e avvolge tutto ciò che lo circonda. Il romanzo inizia quindi con un automobilista che fermo al semaforo diventa cieco, vede tutto bianco, viene soccorso qui da un uomo che lo porta a casa e che a sua volta diventa cieco anche lui. Il mal bianco continua ad espandersi irrefrenabilmente e per frenare il dileguarsi di questa epidemia i poteri forti decidono che coloro che sono stati colpiti debbano essere posti in quarantena e tra innumerevoli posti viene scelto un manicomio abbandonato, i ciechi e coloro che sono stati a contatto con essi vengono rinchiusi in questa struttura circondata da forze dell'ordine che si occupano di portare le razioni di cibo e sorvegliare i sottoposti a quarantena assicurandosi che nessuno esca fuori.


Con un modo di scrivere forte e pungente, J. Saramago ci pone di fronte ad una società fatta di conflitti, potere e sottomissione facendo emergere in un modo disarmante l'essere umano nella sua più cruda veridicità. Il genere del romanzo può essere definito di fantascienza apocalittica per la trama, ma psicologico ed allegorico per i temi che vengono affrontati all'interno e le dinamiche tra i diversi personaggi. Attraverso il suo modo di scrivere in uno stile che vede la presenza di dialoghi che non sono preceduti da i due punti e l'apertura e la chiusura delle virgolette, ma bensì dalle virgole, J. Saramago ci svela una società portata al limite della sofferenza e che per questo motivo ci mostra quella che è la sua vera natura, una natura egoista in cui vige il potere e il voler sottomettere l'altro.

La genialità di questo romanzo sta nel fatto che il lettore viene completamente rapito dalla lettura e trasportato all'interno della storia. Si ha la sensazione di stare con quei personaggi, vivere le loro vicende, superare le difficoltà insieme a loro, voler sapere cosa stia succedendo là fuori nel mondo e non riuscire a farlo. Si vive in una piccola realtà che è quella del manicomio e non si sa quello che succede all'esterno e ciò crea molta suspense nel lettore ma contemporaneamente crea un effetto disturbante poiché è come se anche lui fosse chiuso all'interno dell'edificio insieme agli altri personaggi. Per poi scoprire, andando avanti che là fuori è tutto cambiato, vi è una realtà quasi distopica è come essere nel manicomio ma in uno spazio più ampio, si percepisce il senso di prigionia dato dalla cecità che prova ogni singolo personaggio.


Il concetto di romanzo psicologico scaturisce dal fatto che questa epidemia ci mostra la vera essenza dell'essere umano, un essere egoista che arriva ad uccidere l'altro per un pezzo di pane marcio, che dichiara guerra al più debole, un essere umano in un certo senso annullato poiché la cecità porta tutti sullo stesso piano non esistono dottori, operai, ladri la legge del “chi è più forte sopravvive” regna sovrana, è tutto un farsi guerra l'uno contro l'altro.

Questo romanzo è in realtà la metafora di una società cieca, cieca verso l'altro, annebbiata dall'egoismo e dal potere e ciò viene enfatizzato dal fatto che i personaggi non possiedono nomi propri di persona bensì nomi comuni, esempio: la moglie del medico, il medico, il primo cieco, la ragazza dagli occhiali scuri ecc ecc, quasi a voler essere anonimi quasi a voler identificare tutti o nessuno, nomi che potrebbero appartenere ad ognuno di noi.

Cecità è una metafora che ci insegna ad aprire gli occhi, conserva all'interno di esso un consiglio prezioso, l'invito a vedere l'altro non solo con gli occhi perché non basta.

“Non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che pur vedendo, non vedono.” (Cecità, J. Saramago, pag. 276)



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